Tabula rasa

Fra poco, di me non resterà
che il barlume di una fiammella
intirizzita e smunta,
che a poco a poco si estingue
in un filo di fumo abbandonato
alla brezza di ponente
in fuga verso la pianura.

Agonia di una memoria che s’arrende
immemore di aver vissuto,
mentre si sbriciola come
l’ultima foglia secca
sui rami di una primavera prepotente
che impone le sue fragranze.


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Il calvario della vita

Più non odo la voce della poesia
tessere parole di zucchero e di miele
mentre ricama un velo tenace
e trasparente
per accogliere lo sguardo attonito
della disperazione.

La realtà reclama un posto d’onore
nella sala d’aspetto del destino,
un tavolo da macello
sul quale inerti e inermi si giace,
in attesa della morte,
cui si fa la corte
come alla più soave delle spose,
che accostando le labbra al nostro viso
ci ruberà l’ultimo respiro
liberandoci dal calvario della vita.


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Labbra di sale

Avrei voluto aprire gli occhi
leggendo il nome mio sulle tue labbra,
immaginando il respiro del risveglio
come il primo alito dell’universo,
quando il cielo è un rincorrersi dell’alba
e l’inchiostro della notte è solo un sogno
svanito prima di lasciare macchie d’ombra
a nascondere la linea dell’orizzonte.

Avrei voluto allungar la mano
per cogliere dalla tua bocca una parola
accompagnata da melodia di flauti,
per sentirla scorrere sul volto
e tra i capelli, come l’onda
che gioca col profilo della chiglia.

Avrei dimenticato il sale del deserto,
che brucia la pelle e inaridisce il volto.

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Lettera a mio padre

Nel giorno del tuo compleanno

Papà,
sono passati così tanti anni da allora e ti chiedo perdono se non ti ho mai scritto, ma non ho mai smesso di parlarti…
Ero una bambina e ora sono una donna di mezza età,.
Una donna cresciuta senza di te, con la memoria congelata a quel giorno, quando il rantolo della tua vita che se ne andava ha improvvisamente squarciato il silenzio della notte.
Le mie certezze si sono fermate lì e a quella domanda che non ha mai ricevuto risposta: perché? Perché proprio tu, il mio papà?
Da allora,tutti i perché della mia vita non hanno mai ricevuto risposta e chissà, forse, se ci fossi stato tu, mi avresti aiutata a cercarne almeno una…
Ricordo che scesi dal letto a piedi nudi, quella notte, per correre da te, ma la mamma mi prese in braccio e mi portò subito fuori, consegnandomi tra le braccia pietose di una vicina di casa…
Così non ti vidi più: dal bacio della buonanotte al nulla…
Ancora oggi, dopo tanti anni, cammino scalza sul sentiero della vita…
Sono tutti piagati, i miei piedi, e so che ormai non guariranno più.
Se ci fossi stato tu, a proteggermi dagli errori, ad incoraggiarmi nelle scelte, a consolare i miei dolori, a scacciare i mostri della notte, forse sarei riuscita a trovare le pantofole che persi quella sera e avrei potuto camminare senza farmi troppo male.
Porto sempre con me la tua foto di partigiano, per ricordarmi che sono figlia di un uomo coraggioso e ho cercato anch’io di comportarmi come te, ma non so se ci sono riuscita, non so se saresti stato fiero di me…
Quante volte mi sono chiesta se avresti condiviso le mie scelte, o se ti avevo deluso…
Quante volte mi sono vergognata, sapendo che avresti disapprovato il mio comportamento…
Ma sono sicura che, nonostante tutto, avresti sempre rispettato la mia libertà, anche quando sapevi che sarei andata incontro a grandi delusioni.
Quando me ne sono andata da Milano, ti ho lasciato laggiù, in quel luogo orribile e tanto triste, buio, grigio, dimenticato, dove venivano relegati i “senza Dio”, proprio accanto al camino del forno crematorio che aveva accolto la tua bara quel sabato pomeriggio.
Ci ho pensato tanto, in questi lunghi anni, e non sono mai tornata laggiù, perché sapevo che tu non eri là.
Tu sei sempre stato qui con me e mi hai vista piangere, ridere, amare, odiare, cantare, urlare, desiderare la vita e la morte… finché, forse per egoismo, o per amore, ti ho strappato alla tua città per portarti qui, al sole e al tepore del lago, pochi mesi prima che la mamma se ne andasse, per non lasciarla sola…
Perdonami papà, ma oggi che non ho più nessuno, mi illudo che, almeno tu, sia finalmente felice, vicino a lei… perché siete di nuovo insieme, voi due… almeno voi… che non avete mai avuto dubbi sul vostro amore.
E non arrabbiarti se ho voluto compiere l’ultima eresia, contro il parere di tutti…
Ho scelto una nuova fotografia per la tua lapide: tu che abbracci tua figlia bambina, perché sono tanto stanca, di continuare a camminare a piedi scalzi e ho bisogno di non sentirmi sola…

Sergio Perozzi Milano 11/4/1925 – 22/11/1963

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Nel tempio di luce

Nella penombra umida di lacrime
e di preghiere
all’ora sesta s’accende il tempio,
là tra le mute colonne,
ove le anime dolenti si piegano
alla volontà celeste.

S’acquatta impaziente, la bestia
superba e ribelle
confusa tra l’indaco e la fiamma,
mentre attende una voce che parli
placando l’arsura delle sue labbra,
inondando di luce la rabbia
con la carezza pietosa di un padre.

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Souls of light

Santuario di Re “Madonna del sangue” (VB)

Giochi di luce sulle colonne alla luce del mezzogiorno – 6 aprile 2011


[cincopa AEMAnjacIXLf]

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Perdersi

Ritrovarsi
nel riverbero dell’ultima neve
che ancora imbianca il crinale
del monte, adagiato
nel silenzio superbo del cielo
tra i primi petali del ciliegio in fiore.

Si posa, lo sguardo
avido di meraviglia,
che negli occhi riflette
l’incanto dei giorni passati,
sazi di luce e di sorrisi.

Ma d’altre vette si nutre la memoria
dal passo veloce, che non riposa:
socchiude le ciglia e respira i ricordi,
di voci lontane assapora il suono,
che prende la mano, per fuggire via
e perdersi, lontano…

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Briciole

Preferirei l’abbraccio della morte,
a questi giorni senza la briciola di un sorriso
serbato per le notti di luna nuova,
quando più intenso si fa l’inchiostro
che dipinge il cielo spento appeso alla finestra.

Mi scivolano dalle dita come acqua piovana,
sporca di terra e di foglie sbriciolate,
unta di lacrime e di rimmel
sfuggiti dagli occhi che si nascondono
al ciasmo della luce insolente
di un altro giorno uguale agli altri.


Preferirei dimenticare di respirare,

per allontanarmi in sordina dalla vita
ovattando il suono delle parole
fino a sfumarne il senso,
ché dal bisbiglio al silenzio
basta un soffio… e nulla più.


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Magnolie

[cincopa AIHA4gKZe-S9]

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Altre primavere

Sfoglio gli anniversari
come i petali di un fiore precocemente appassito
che al tocco della corolla accartocciata
si frantuma in polvere sottile
inquinata dalla cenere di quest’amore
così inutile,
privo di candore e di fragranza.

Osservo immobile le stagioni,
che più non mi appartengono,
annusando l’aria come un cane
che attende il ritorno del padrone
e non s’arrende.

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