Riconoscevo ogni volta il tuo passo cadenzato
affannato dall’ansia di raggiungermi,
non appena notavo l’impronta varcare la soglia
tra l’ombra e il taglio di luce
che si profilava all’angolo
tra il giardino delle camelie
e l’imbarcadero.
Scostavo lo sguardo incredulo
dalla tendina gialla della cucina
e aprivo la serratura blindata dell’uscio
per lasciarti entrare,
mentre un vago malessere mi sfiorava il polso,
pensando all’incoscienza del tuo insistere
nel voler stringere fra le dita
quel laccio stinto e sfilacciato
annodato al mio collare.