Al delta del fiume sono incastonate
le gemme dell’ultima primavera,
interminabile e lenta
nella sua disperata malinconia.
Era un brulicare di vita
tra la schiusa delle uova
e il pigolio implume della tua voce
mimetizzata fra le altre,
ignare del tempo e della sorte,
ancorate al saliscendi della marea
nell’eco dei richiami
che la sabbia più non poteva
trattenere.
Imprigionato nella ghiaia
resta il ricordo del solco
scavato sulla riva,
tra le onde incalzanti e brevi
della corrente,
che affrettano al volo,
guidato soltanto dal ritmo
ossessivo
delle stagioni e delle lune.
Migrare è come morire:
tu non tornerai al nido,
e nemmeno quelle piume.
Resteranno soltanto
pochi frammenti di gioia
rosi dalla nostalgia,
sepolti nella ghiaia sottile
che dalla foce entra nel lago
e lì s’annega.
Il fiume Tresa che scorre nei pressi di Luino, è un importante crocevia per l’avifauna migratoria, nel suo percorso dalla Scandinavia all’Africa occidentale. Un’isola sabbiosa, che regolarmente compariva nei periodi di magra, alla sua foce, lo scorso anno è stata eliminata dalle autorità per ragioni di sicurezza, anche se numerose specie di uccelli lì trovavano cibo e riposo prima di riprendere il viaggio migratorio. Fino all’ultimo ho spinto Gianni fin laggiù, in cerca di tranquillità e di serenità, nel tentativo di sfuggire alla Morte…